PILLOLA AGO 22

CALDA ESTATE…quali conseguenze?

Che l’estate in corso sia dal punto di vista geopolitico la più calda da due generazioni lo abbiamo già ricordato nella scorsa pillola, le conseguenze della stretta del gas e del grano sono difficilmente quantificabili nel breve e ancor meno nel medio periodo. Senza perdere di vista con lungimiranza ogni buona iniziativa per contenerne gli effetti e per ragionare in prospettiva, voglio però al contempo riportare l’attenzione al presente su un paio di aspetti correlati alle alte temperature, proprio nei giorni in cui da INAIL giungono nuovamente conferme sull’innalzamento dei dati infortunistici e sul grande impatto di salute pubblica costituito dalle malattie professionali.

Gli eventi infortunistici in questo periodo non possono che essere resi più probabili dalle condizioni climatiche severe e quindi vale la pena ricordare brevemente cosa è bene fare:

  1. Disporre di un dato oggettivo: le condizioni di temperatura ed umidità sono misurabili e la normativa ci chiede di elaborare nell’ambito della valutazione di tutti i rischi, una relazione che consenta di quantificare gli indici microclimatici. Coniugando i dati raccolti dalle sonde con lo sforzo metabolico richiesto dalle lavorazioni e con l’abbigliamento in uso, si possono calcolare innanzitutto gli eventuali margini di rischio per la salute (collasso, disidratazione, ecc.) e in secondo luogo capire quanto si sia in situazione di discomfort termico. In base a questo si formulano ipotesi di contenimento e gestione del rischio. Per ogni dubbio potete rivolgervi ad Alice Urbani (alice@progettosicurezzaambiente.it)
  2. A titolo di esempio qualora la valutazione lo indichi opportuno o necessario si può intervenire sulle dotazioni (sistemi di ventilazione), sulle forniture (sali minerali e idratazione), sull’abbigliamento professionale, sulle strutture (pellicole o tende oscuranti, coibentazioni, ecc.), sull’organizzazione.
  3. Il “contenimento” della sudorazione è alla base anche della prevenzione degli infortuni legati alla movimentazione manuale (MMC) connessi al raffreddamento muscolare associato. Recentemente è stata pubblicata una revisione della ISO 11228-1 in materia di MMC con revisione delle fasce di rischio e focus su aspetti organizzativi importanti come gli straordinari (movimentazione che si prolunga oltre le 8 ore), il lavoro in coppia o asimmetrico (con un solo arto). Le malattie correlabili ai rischi ergonomici (e conseguenti quindi ad un’inadeguata gestione aziendale degli stessi) sono sempre al 1°posto per n° di denunce in Italia. Raccomando pertanto di non aspettare eventi lesivi o denunce di malattia professionale ma garantire la piena copertura dei profili di mansione interessati (per movimentazione, spinta o traino, posture incongrue o movimenti ripetuti) quantificando gli indici di rischio secondo gli standard internazionali riconosciuti e attivando piani di miglioramento. Per ogni dubbio potete rivolgervi a Patrizia Santon (patrizia@progettosicurezzaambiente.it.)

Tema ancora più “dimenticato” e sottovalutato è l’esposizione al sole: il decreto 81 non ne tratta in modo dedicato le conseguenze, lo esclude dal titolo VIII (che si occupa solo delle sorgenti artificiali) e dal IX (che considera i soli agenti cancerogeni chimici) ma è notorio come la radiazione solare contenga spettri di frequenza di ultravioletto responsabili dell’insorgenza di gravi patologie, in primis il melanoma e i carcinomi BCC e SCC. Torniamo allora a ricordare che se l’esposizione è professionale (chi conduce attività all’aperto per carico scarico merci, manutenzioni, gestione rifiuti, pulizie aree esterne, ecc., si stima 700.000 lavoratori in Italia) il rischio va valutato e gestito tenendo conto delle peculiarità degli esposti. Ricordiamo quindi di valutare con attenzione:

  • il fototipo (l’art. 18 c.1 lett. c chiede al datore di lavoro o dirigente di tenere conto delle … condizioni dei lavoratori in rapporto alla loro salute e alla sicurezza nell’affidare i compiti ai lavoratori)…un fototipo 1 non dovrebbe esporsi al sole non protetto oltre i 5 minuti, un fototipo 6 non ha sostanzialmente limiti di esposizione…
  • la durata dell’esposizione e l’organizzazione degli orari di lavoro (alternanza, turnazioni, pause), cercando di evitare le ore centrali in cui l’indice UV è potenzialmente massimo (esiste una scala che associa il rischio al valore dell’indice…da 6 è necessario prendere provvedimenti, da 8 questi sono considerati indispensabili (in questi giorni nelle ore centrali l’indice nelle ns zone è proprio 8)
  • l’albedo (riflesso da superfici attorno a chi lavora (è chiaro che quelle chiare, bianche, lisce aggravano il rischio) quindi importante valutare il singolo contesto di lavoro
  • le abitudini dei lavoratori (abbigliamento, pausa pranzo, ecc.)

Attivarsi con la fornitura (o quanto meno la raccomandazione all’uso) di creme solari, occhiali da sole, berretti e organizzare (o persuadere al) il controllo sanitario specifico (visita dermatologica) significa prevenire non solo il foto-invecchiamento (misurabile con la scala di Glogau) ma ridurre o diagnosticare precocemente la comparsa di tumori. Vietare il lavoro a torso nudo è un altro modo per fare prevenzione. Il sole fa bene alle ossa ma…decisamente meno ad occhi e pelle! Proteggiamoci.

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