PILLOLA GEN 19

INSICUREZZA … SANZIONATA

Il nuovo anno si è aperto con una novità sul fronte delle sanzioni che lo Stato ha deciso di aumentare sia per le inadempienze in materia di lavoro (es. per il lavoro nero o per il mancato rispetto degli orari e tempi massimi di lavoro), nella misura del 20%, sia per quanto riguarda l’inottemperanza in materia di sicurezza del lavoro, per un 10%. Sicuramente si tratta di un segnale importante, un’ulteriore sottolineatura del valore che lo Stato dà alla salute e sicurezza dei lavoratori (oltre che del cronico bisogno di fare cassa). Ancora più significativo il previsto raddoppio laddove, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti… come dire, ci sei “cascato” di nuovo: ti bastono due volte. La politica del bastone è ampiamente presente nella normativa di settore non solo italiana mentre ancora troppo deboli, timide e poco conosciute ai più sono le iniziative delle autorità che premino la virtù (assai più sviluppate invece nei paesi anglosassoni). Una riflessione che mi viene riguarda però un aspetto poco considerato da molti datori di lavoro che, presi da ben altri pensieri (tutti legittimi, ci mancherebbe) a volte rimandano interventi anche semplici e di rapida esecuzione oppure rinunciano a soluzioni considerate troppo onerose non accantonando nemmeno le risorse per intraprenderle nel medio periodo, dimenticando che i costi reali dell’insicurezza non sono di certo le sanzioni ma quelli indotti da malattie professionali o infortuni conseguenti! Se infatti le sanzioni non solo sono improbabili in termini di irrogazione visto l’ormai esiguo manipolo di ispettori, ma sono per lo più dell’ordine di centinaia o qualche migliaio di euro (e considerato il meccanismo previsto dal D.Lgs. 758/94 di fatto spesso si concretizzano nel pagamento di una cifra pari al quarto del massimo, quindi ben poca cosa), sono senza dubbio di ben altro peso e durata le conseguenze nel caso si verifichi un infortunio o malattia professionale a seguito di carenze tecniche o organizzative:

  • i costi assicurativi: INAIL calcola il premio sull’andamento dell’ultimo triennio e il peso quindi di un evento infortunistico si trascina a lungo incidendo mensilmente “in silenzio” sul costo del lavoro nel medio periodo. Medesima sorte avrà il premio assicurativo privato versato dall’azienda alla propria compagnia. Attenzione poi all’eventualità non remota che le assicurazioni, ravvisando comportamento negligente o imprudente da parte dell’azienda, decidano di recuperare in tutto o in parte la cifra erogata alla vittima dalle casse dell’imprenditore…
  • i costi legali: l’azione penale è automatica se la lesione è grave e pertanto oltre al verbale dell’ente di controllo che contesta eventuali mancanze (le sanzioni di cui sopra), il datore di lavoro si vede citato ai sensi del codice penale e deve pagarsi un avvocato; al contempo, qualora il danneggiato ritenga che l’infortunio sia stato dovuto a carenze da parte dell’azienda nel tutelarlo, potrà chiedere i danni aprendo una controversia in sede civile dagli esiti incerti e dai tempi lunghi…
  • i costi “tecnici”: quando avviene un infortunio è necessario attivare una “macchina” di indagine interna coinvolgendo consulenti esterni e pianificando azioni di contenimento del rischio, di adeguamento, di miglioramento, che compiute con i tempi di un verbale di prescrizione o a danno già avvenuto rischiano di essere più gravose e magari anche non le migliori possibile (diverso è fare in fretta ciò che viene imposto da altri anziché pianificare nel tempo azioni volontarie e ponderate)…
  • i costi “sociali”: la persona infortunata o malata va sostituita finché perdura l’inabilità insegnando ad altro lavoratore magari inesperto i segreti del mestiere, poi l’infortunato/malato va reinserito nel limite dell’abilità residua e spesso con le paure e i traumi psicologici che un evento grave o patologico porta inevitabilmente con sé. Gli equilibri di gruppo su quel luogo di lavoro, magari già fragili o faticosamente trovati nel tempo possono saltare a seguito di un evento traumatico.

Non ultime ricordo le sanzioni già presenti (e non toccate dal nuovo provvedimento) e assai più onerose per la persona giuridica previsti dal D.Lgs. 231/01 in caso di omicidio o lesione grave in presenza di inosservanze a norme antinfortunistiche e valutato l’interesse o vantaggio aziendale: in questo caso la spada di Damocle vera è la possibile interdizione dell’attività. Insomma, sono sempre più convinto che la politica dello spauracchio non sia davvero quella più efficace e che i risultati (un ambiente di lavoro davvero salubre e sicuro) non possano che arrivare solo attraverso la cultura diffusa della tutela delle persone: un imprenditore lungimirante che conosce i rischi delle sue lavorazioni, li gestisce giorno per giorno, insegna ai lavoratori l’autotutela e l’attenzione agli altri con costanza e determinazione, non dovrà certo temere le sanzioni più pesanti. Un buon proseguo d’anno agli imprenditori illuminati e ai lavoratori prudenti.

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