PILLOLA GIU 18

INFORTUNI E MALATTIE SUL LAVORO, COME STA ANDANDO REALMENTE L’ITALIA?

I dati restituitici dai media in tema di infortuni sono spesso inattendibili servendosi del singolo episodio per fare notizia, per passare come emergenza qualcosa che invece è corretto analizzare sempre “da lontano” cioè con un respiro temporale di almeno 5 anni apprezzandone così l’andamento in modo meno emotivo e più razionale. Sono stati da poco pubblicati i dati INAIL che, nonostante la solita polemica sul fatto si tratti inevitabilmente di una sottostima, sono gli unici ufficiali e rappresentativi dell’intero territorio nazionale e di tutti i settori dell’economia. L’istituto ha decretato per il 2017 la sostanziale stabilità nel numero di denunce rispetto al 2016, dato che consente di quantificare in un – 14% il trend rispetto al 2012. La quota riconosciuta è stata pari al 65% e tra questi circa il 19% riguardano la vera piaga del fenomeno, gli infortuni legati alla circolazione stradale e alla guida. Anche sul fronte degli eventi mortali l’incidenza del “fuori azienda” si conferma assai rilevante (55% sul totale delle denunce) così come viene confermato il calo assoluto nel quinquennio (-19%) degli eventi. Rimane impressionante l’onere sociale del fenomeno con 11 milioni di giornate di inabilità pagate dall’istituto (e quindi da noi).

Importanti novità riguardano le malattie professionali: le 58mila denunce (relative a 43mila soggetti) hanno segnato un’inversione di tendenza rispetto al 2016 pur confermando nel quinquennio un aumento di circa di circa il 25%. Solo in un terzo dei casi l’istituto ha riconosciuto la causa professionale. Rimane netta la prevalenza (65%) delle patologie del sistema osteo muscolare. I lavoratori deceduti nel 2017 con riconoscimento di malattia professionale sono stati 1.206 (- 37% in meno rispetto al 2012), di cui 335 per silicosi/asbestosi (l’86% con età al decesso maggiore di 74 anni, il 75% con età maggiore di 79 anni).

 

E L’AZIENDA COSA DEVE / PUO’ FARE?

Sul fronte delle norme possiamo dire che ormai la situazione sia consolidata, quest’anno il testo unico ha compiuto i suoi primi 10 anni. Ciò nonostante sono ancora molte le azienda a doversi allineare o a non aver capito fino in fondo non solo gli adempimenti ma la ratio del D.Lgs. 81/08 che in fondo vuole essere pungolo per la creazione di un sistema di gestione della sicurezza e salute ispirato agli standard internazionali (di quest’anno l’uscita della ISO 45001). All’art. 30 il decreto ha inoltre creato un significativo “ponte” verso altri mondi (quelli riconducibili alle fattispecie di reato della cosiddetta 231) abbracciando ambiente, reati informatici e societari e recentemente anche i fenomeni del razzismo. Appare sempre più chiaro quindi che a fronte di eventuali episodi gravi (infortuni o malattie che siano) l’azienda è solida e al riparo da contestazioni non più dimostrando il solo adempimento agli obblighi quali la formazione, la sorveglianza sanitaria, la valutazione dei rischi, ecc. ma dando evidenza della presenza di un modello di organizzazione volto a prevenire gli eventi lesivi. Solo una robusta e sistematica gestione dei rischi coinvolgendo e sensibilizzando i lavoratori a tutti i livelli può garantire efficacia nel raggiungere tale scopo.

Da un recente interessante convegno svoltosi a Padova, organizzato dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro, in materia di dispositivi di protezione individuale è stato ribadito quanto questi debbano essere considerati l’ultima spiaggia nella politica della prevenzione. Nel ricordare infatti il principio della riduzione alla fonte dei rischi è stato purtroppo fornito un quadro piuttosto preoccupante sull’effettiva capacità dei DPI di fornire all’operatore la protezione dichiarata dal produttore. Le prove cui vengono sottoposti al fine poi di dichiarare le prestazioni (fattori di protezione nominale e operativo) sono condotte su campioni di persone ristretti e in condizioni “di laboratorio” assai lontane dalle situazioni reali.

Non è più pertanto sufficiente mettere in atto ogni altra azione volta alla gestione del rischio ma anche curare con particolare attenzione e prudenza la scelta dei DPI e organizzarne la cura e manutenzione nel tempo. Ogni fase è bene sia oggetto di condivisa procedura coinvolgendo tutti gli attori (ufficio acquisti, SPP, preposti, medico competente) rimanendo sempre aperti a sperimentare ciò che il mercato via via propone ma al contempo vigilando sul rispetto delle norme da parte dei ns. interlocutori (come detto in precedente newsletter dovrebbe aiutarci in questo il recente regolamento europeo sul tema, il 425/16).

 

Per valutare l’efficacia della azioni, la loro pianificazione e per analizzare la corretta protezione del personale con i DPI in uso non esitate a contattarci.

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