PILLOLA LUG 25

DISCRIMINAZIONE DA CALORE

Approfitto del clamore mediatico di questi giorni per tornare su un tema a me molto caro, il rispetto per la dignità di chi lavora, elemento che va oltre i concetti di salute e di comfort, ma ancor prima di dignità della persona. Non voglio dimenticare quindi prima di tutto chi è sotto una tenda in Palestina in questo periodo, senza accesso libero all’acqua e al cibo, nell’immobilismo della comunità internazionale. Stesso può dirsi purtroppo delle vittime (spesso morti lente e silenziose) dei tanti conflitti che da anni devastano socialmente ed economicamente intere aree del continente africano, sud Sudan in primis, senza che nei nostri media se ne parli se non in occasione di qualche carneficina che sia ritenuta degna per numero di morti cruente di essere citata quando in silenzio ogni giorno muoiono di denutrizione e siccità migliaia di grandi e bambini, vittime al contempo di regimi corrotti, di interessi economici internazionali e delle conseguenze dei cambiamenti climatici che in quel continente sono particolarmente evidenti e drastiche.

Tornando al tema del diritto al lavoro dignitoso nel nostro paese, le recenti ordinanze regionali in materia di “lotta al caldo” hanno tentato una regolamentazione del lavoro nel periodo più severo partendo dai settori a maggiore rischio cioè l’edilizia e l’agricoltura. In questi settori il contributo di personale quasi interamente straniero, spesso pagato poco e privato di ben altri diritti (rispetto a quello dell’ombra e del riposo) è strategico per il funzionamento dei comparti stessi e fortunatamente (ma tardivamente) la politica è tornata a ribadire la centralità della salute e sicurezza imponendo uno stop nelle ore più calde della giornata.

Giusto ed interessante anche il possibile ricorso da parte delle aziende interessate alla cassa integrazione straordinaria qualora le condizioni esterne siano particolarmente critiche (oltre i 35°C).

Ricordiamo però cosa è previsto già da molti anni in tutte le aziende dove vi siano lavoratori impegnati in luoghi non moderabili cioè privi di sistemi di regolazione di temperatura e umidità:

  1. Valutare il rischio microclima (titolo VIII D.Lgs. 81/08) con cadenza almeno quadriennale (per la verità il progressivo peggiorare di anno in anno in termini di picchi di temperatura e di frequenza di ondate di calore imporrebbe una riflessione sulla necessità di una riduzione della periodicità). A tal riguardo ho percepito una resistenza delle aziende a supportare ed integrare i dati “puntuali” della valutazione strumentale ufficiale con misurazioni in continuo con strumenti magari meno precisi ma che possano dare indicazione puntuale della situazione in essere. Resto invece convinto che non si possa agire sul percepito ma su dati oggettivi che non possono che derivare da una misura sul campo di giorno in giorno.
  2. Agire in funzione dell’esito della valutazione (e delle misurazioni continue laddove si decide saggiamente di farle) intervenendo sulle dotazioni (sistemi di ventilazione), sulle forniture (sali minerali e idratazione), sull’abbigliamento professionale (es. concessione al pantalone corto ove non vi sia un rischio infortunistico rilevante per gli arti inferiori), sulle strutture (applicazione pellicole riflettenti o installazione di tende oscuranti, applicazione di coibentazioni, ecc.), sull’organizzazione (anticipo orari, riduzione turni, alternanza nelle postazioni peggiori, ecc.). Ovviamente questo significa al contempo:
  3. Confrontarsi con il medico competente anche su questo tema ponendo particolare attenzione ai soggetti maggiormente fragili ai quali andranno riservate attenzioni specifiche nei periodi più caldi (o freddi) e coinvolgere le parti sociali presenti in azienda definendo con loro le soglie di azione e di accettabilità condivise associando ad esse dei provvedimenti conseguenti: oltre i 30°C il corpo oggettivamente è già in difficoltà a smaltire il calore prodotto dall’attività svolta, dai 36°C lo scambio di fatto rischia di non avvenire più quindi anche modesti sforzi comportano rischi di ipertermia.

Ricordo inoltre che in ogni area è previsto vi sia un preposto a presidiare luoghi e persone e che è lui a poter (e quindi a dover) decidere qualora ritenga non vi siano le condizioni per proseguire quella determinata attività in quel determinato luogo. Teniamo conto che a fronte di grave disidratazione e ipertermia è a rischio la sopravvivenza della persona e possono esserci gravi danni agli organi interni e al cervello.
La sospensione di un’attività può non significare necessariamente il suo annullamento ma l’interruzione temporanea dell’esposizione al fattore di rischio (che significa ad esempio portarsi per 5-10 minuti in area ventilata e ombreggiata o meglio ancora climatizzata (con prudenza e moderazione) dove il corpo possa smaltire il calore in eccesso. A tal riguardo constato che spesso le aree di ristoro non sono collocate nelle posizioni più “felici” dal punto di vista sia microclimatico che igienico: cogliamo questa occasione per ripensare alla loro collocazione così che almeno la pausa caffè diventi anche un momento di reale gratificazione fisica e di benessere. In un ambiente pulito, riparato dal rumore, da inquinanti e climatizzato la persona può ritrovare la carica per una ripresa più efficace. Approfitto anche per ricordare che l’accesso all’acqua potabile deve essere libero quindi non a pagamento e di comoda e continua fruibilità.

Infine ricordo che va data massima attenzione a chi rientra da ferie, infortuni o malattie: costoro potrebbero non essere acclimatati ed essere quindi più soggetti al rischio di scompensi anche nel breve periodo (nel corso delle prime giornate di lavoro dopo la ripresa).

Buona estate a tutti nel rispetto di tutte le persone, a partire da quelle “non climatizzate”, confidando di arrivare in buona salute a godersi anche le meritate ferie in tutta sicurezza.

PillolaLUG25_caldo

Lascia un commento

Comment
Name*
Mail*
Website*